Cosa ricorderò del lockdown: pensieri e immagini di un’ottimista

Cosa resterà di questo lockdown che ci ha costretti a rivedere tanti aspetti della nostra vita?

Me lo sono chiesto spesso nelle ultime settimane e ho pensato di mettere nero su bianco ciò che vorrei ricordare io, per evitare che la nebbia del tempo offuschi tutto.

L’organismo umano, cervello compreso, impiega 21 giorni ad adattarsi a una nuova situazione e oltre 2 mesi di isolamento hanno fatto sì che ognuno di noi si sia creato una nuova normalità. C’è chi, terrorizzato, non intende uscire di casa nemmeno ora che le misure si sono fatte meno restrittive; c’è chi se n’è fregato fin dall’inizio, eludendo ogni controllo; c’è chi non ha smesso di lamentarsi nemmeno un attimo; c’è chi, la maggior parte in verità, naviga in acque incerte con continui alti e bassi di umore.

E poi ci sono io, che fin dal primo giorno ho voluto imparare a osservare le piccole cose, apprezzandone ogni aspetto. La psicologa torinese Barbara Migliasso, amica di una vita, sostiene che il lockdown provocherà molti disturbi post-traumatici perché chi non riuscirà ad attraversare ed elaborare il periodo, si ritroverà ad affrontare nuove paure.

E così, per esorcizzare paura e preoccupazioni, ho cambiato prospettiva di osservazione. Fino all’8 marzo 2020 ho saltato come una pallina impazzita cercando di far quadrare ogni cosa, senza aver tempo di fare tutto quello che avrei davvero voluto fare e sperimentare.

Con il lockdown mi sono concessa il lusso di rallentare e smettere di agitarmi per arrivare anche alle cose che non per forza mi competevano. Ed ecco cosa ho imparato e cosa ricorderò di queste settimane di tempo immobile.

Cosa ho iniziato (e continuerò) a fare

Tra tutto, ho iniziato ad allenare il corpo ogni giorno. Tra lezioni di yoga Iyengar (organizzati in streaming dalla mia insegnante Beatrice Canu) e workout seguiti tramite un’utilissima app, ho capito che 30 minuti quotidiani si possono sempre trovare, perché il movimento mi fa decisamente bene.

Ha trovato spazio anche un po’ di meditazione, grazie alle dirette dell’Istituto Buddista Lama Tsong Khapa di Pomaia, che ho avuto modo di visitare lo scorso anno, e alle dirette della Naturopata Valentina Lo Giudice, con cui ho allenato anche la difficile respirazione diaframmatica.

Ho avuto modo di dedicarmi completamente al giardino e di ringraziare per averne uno. La cura che ci ho messo a potare, trapiantare e a osservare, mi ha fatto scoprire che l’acero giapponese ha fiori talmente piccoli da risultare quasi invisibili: è stato il ronzio incessante delle api a farmeli notare.

Mi ha fatto comprendere che anche gli alberi piangono, se feriti: anni fa avevo messo una corda intorno al tronco di un pino per sorreggere un’amaca. Mi sono accorta solo ora che quella corda aveva scavato la corteccia, ferendola profondamente. Da quando ho eliminato la corda, vado regolarmente ad abbracciare il tronco.

Ho avuto il tempo per creare nuovi progetti e per osservare l’invisibile, trovando ispirazione.

Complici i challenge che abbiamo lanciato su TravelGlobe, ho iniziato a fotografare seguendo i medesimi temi, allenandomi a guardare con uno sguardo differente le cose che ho sempre davanti agli occhi. È un atteggiamento che non voglio più perdere.

 

 

Cosa ricorderò (e mi mancherà)

  • Cenare presto.
  • I pranzi in giardino (grazie anche a una delle più belle primavere, meteorologicamente parlando, degli ultimi anni).
  • Il caffè del mattino al sole.
  • Il tempo con mio marito, che non è mai abbastanza.

Ma non è escluso che troverò il modo di mantenere queste cose anche nella mia nuova vita.