Le stagioni del Castello di Miradolo
Un giorno mi sono svegliata con il desiderio di uscire, ma senza sapere dove andare. Avevo voglia di immergermi in qualcosa di bello, che potesse nutrire la mia creatività, ma era lunedì. E di lunedì è tutto chiuso.
Inaspettatamente ho scoperto che uno dei miei posti delle fragole (ne ho spiegato il significato nel numero 41 della newsletter), oltre alla Turchia, è un luogo proprio vicino a casa: il Castello di Miradolo con il suo giardino incantato.
Qui, circondati da una splendida natura curata con perizia e competenza, si fanno arte e cultura a portata di tutti, anche dei bambini.
La storia del Castello di Miradolo
Il Castello di Miradolo si trova in provincia di Torino, verso le montagne del pinerolese, dove iniziano la Val Chisone e la Val Pellice. È costituito da una parte nobiliare e da una zona rustica, che tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento assumono una conformazione molto simile a quella attuale.
Le prime notizie sulla proprietà raccontano che la dimora un tempo era una cascina di campagna seicentesca appartenente alla famiglia dei Macello. Il castello visse la sua epoca d'oro a partire dagi anni venti dell'Ottocento quando furono costruiti l'orangerie, la torre rotonda e il muro di cinta, rifatta la facciata principale, inserite le decorazioni neogotiche, ridisegnato e ampliato il giardino che diviene un parco romantico.
Nel 1866 la marchesa Teresa Massel sposa Luigi dei conti Cacherano di Bricherasio il quale, come dono di nozze alla sposa, ordina una ristrutturazione del Castello di Miradolo secondo il gusto neogotico. Sofia, ultima erede della famiglia, morendo nel 1950, lasciò il Castello a una congregazione religiosa che fece del palazzo una casa per esercizi spirituali e ospitalità per anziani, abbandonandolo negli anni Novanta del Novecento.
La rinascita del luogo avvenne nel 2007 quando il complesso fu acquistato da un gruppo di privati e concesso in comodato gratuito alla Fondazione Cosso che, l’anno successivo, inaugura la sua attività e avvia un imponente progetto di restauro del Palazzo e del parco al fine di salvarlo dall’abbandono e restituire al territorio una nuova possibilità per usufruire degli spazi adibiti a museo per mostre temporanee, ma utilizzati anche per musica, cinema all'aperto e molte altre attività culturali.
Cosa mi piace
- È una dimora elegante, ma accogliente.
- Le mostre che ospitano sono sempre interessanti e splendidamente allestite in armonia con l'ambiente.
- Il bosco di bambù mi commuove.
- È il posto perfetto per vedere le stagioni cambiare: tra qualche settimana il grande ginko diventerà d'oro.
- I fiori che, in ogni stagione, trovano una loro dimensione.
Arte contemporanea in Sicilia: idee e curiosità
Il primo pensiero che viene in mente quando si nomina la Sicilia è il mare, poi a seguire il cibo. I siti archeologici e la bellezza delle città arrivano subito dopo, ma mentre organizzavo la mia vacanza in terra sicula con il mio Van, ho voluto concentrarmi sull'arte contemporanea.
Avevo già visitato la Sicilia e anche se sono tornata comunque a rivedere certi luoghi, l'idea di approfondirne un aspetto meno noto stimolava molto il mio spirito da esploratrice.
Gibellina e il Cretto di Burri
Situata nel cuore della Sicilia, Gibellina è un esempio di come si possa rinascere dalle macerie. L'antico borgo fu raso al suolo dal terremoto del Belice nel 1968 e il cumulo di macerie è stato trasformato in una immensa tomba su cui l'artista Alberto Burri ha realizzato un'imponente opera di Land Art in memoria delle vittime. Il Cretto offre un grande impatto visivo già percorrendo le curve della strada che conducono al sito. L'installazione è composta da un reticolo di strade e piazze - che riprendono la pianta originale - che si intersecano in un gioco geometrico che potrebbe ricordare delle crepe nel terreno. Ogni estate, nel Baglio di Stefano, si svolgono le Orestiadi: un festival internazionale con manifestazioni che vanno dalle rappresentazioni teatrali a quelle musicali, dalla pittura alla scultura, al cinema. Il Cretto di Burri è un luogo commovente, che non emana né dolore né rabbia. Solo luce.
Farm Cultural Park a Favara: l'arte si fa quotidiana
Cammini per le stradine di Favara tra gli edifici mezzi diroccati sostenuti da puntelli, e girando un angolo anonimo la sorpresa: ti trovi di fronte un'esplosione di luce e colore. Un progetto visionario, un'utopia che ingloba in sé anche una parte delle persone che abitano all'interno di questa sorta di casa di corte.
Farm Cultural Park è un centro d'arte urbana e residenza per artisti. Fondato nel 2010 dal notaio Andrea Bartoli e dalla moglie avvocato Florinda Saieva, è diventato un luogo dove l'arte contemporanea si fonde con il quotidiano. L'obiettivo del luogo è quello di promuovere l'arte contemporanea e la creatività locale, fornendo uno spazio per l'esposizione di opere d'arte, mostre, performance e workshop. Un museo diffuso, dove nutrirsi di bellezza.
Fiumara d'Arte: un lungo percorso di bellezza
Dodici opere di Land Art installate in altrettanti comuni sparsi tra mare e Monti Nebrodi. Un itinerario non facilissimo per chi si muove in Van - a causa delle strade strette e spesso malmesse - ma molto suggestivo per i luoghi. Tra tutte, la mia preferita è stata il Labirinto d'Arianna, al cui centro c'è uno splendido albero d'olivo. L'opera se vogliamo più assurda è la Stanza di Barca d'Oro, realizzata giapponese Hidetoshi Nagasawa che l'ha sigillata sotto terra il giorno del suo completamento in modo che non potesse essere vista.
Oggi queste terre ed i loro panorami accolgono la visione dell’artista macenate Antonio Presti, un uomo che con devozione ha intrapreso un lungo tragitto, affrontando e superando con impegno e amore per la bellezza tutte le difficoltà incontrate per aver scelto fin dal primo momento di voler posizionare le sculture monumentali all’interno dei terreni demaniali.
Antonio Presti, ideatore di Fiumara d'Arte
Borgo Parrini
Borgo Parrini è una piccolissima frazione raggiungibile velocemente da Palermo. La storia del luogo inizia già intorno al 1500, con l'acquisto dei campi intorno a Partinico da parte dei padri del Noviziato dei Gesuiti, da cui deriva il nome: Parrini infatti significa preti. La località fu dei Gesuiti fino al 1767, quando passò in proprietà al principe francese Henri d'Orleans, che creò un'azienda agricola, dando lavoro 300 operai. Nel Secondo Dopoguerra, però, molti abitanti si spostarono nelle città causando l'abbandono e il decadimento del borgo.
Una decina di anni fa, però, l'imprenditore Giuseppe Gaglio e i pochi abitanti rimasti decisero di rilanciare il luogo rinnovandolo completamente ispirandosi allo stile di Gaudì. Oggi gli edifici colorati e i murales attirano molti turisti, rendendo il luogo vivo e con nuove prospettive.
Palermo e la street art
Infine, non posso evitare di menzionare la street art a Palermo. Un'espressione d'arte che mi piace molto e ricerco in ogni città che visito. Non mi dilungherò sul dove trovarla: basta camminare per le sue vie con lo sguardo curioso.
Il Canelli non è un Moscato per donne
Un titolo un pochino provocatorio, che mi dà lo spunto per raccontarti un episodio di qualche anno fa. Partecipavo a una degustazione di vini piemontesi e il proprietario della cantina, forse con l'intento di essere simpatico, si rivolse a me dicendo "Sono sicuro che l'ultimo vino le piacerà, è un Moscato ed è molto apprezzato dalle donne".
Risposi che invece il Moscato, come tutti i vini dolci, non mi piacevano mentre apprezzavo i vini rossi strutturati.
Da quel giorno ne è passata molta di acqua sotto i ponti - anzi, di vino - ma il mio rapporto con il Moscato non è migliorato. Tuttavia la settimana scorsa, partecipando a una cena organizzata dall'Associazione Moscato Canelli, ho dovuto rivedere le mie credenze.
Per il Moscato, un territorio unico
Ma capiamo innanzitutto qualcosa in più sulla produzione del Moscato. Il territorio d'elezione di questo vino fu stabilito già alla fine dell'Ottocento e comprende quell’area che, a nord, è delimitato da Asti e dal fiume Tanaro, mentre a sud dal fiume Bormida: zona di cui Canelli è il centro.
Ma solo nel 2011 ci fu l'ottenimento della della sottozona Canelli all’interno della denominazione Moscato d’Asti docg e nel 2019 venne avviato il percorso di riconoscimento di una denominazione indipendente per Il Canelli docg o Canelli docg Moscato che, nel 2023, è stata definitivamente riconosciuta a livello europeo e nazionale.
Un suolo unico ricco di calcare e di microelementi, che gode di un microclima ideale, dove a primavere piovose seguono lunghe estati asciutte. Il sole e le escursioni termiche notturne donano a quest’uva aromaticità e un carattere specifico, fatto di equilibrio e freschezza.
Il metodo Martinotti o Charmat con cui viene fatto fermentare Il Canelli d.o.c.g. fa sì che il vino mantenga l'effervescenza naturale. Interessante scoprire che Il Canelli Moscato è adatto per l'invecchiamento: dopo i quattro anni i suoi profumi si evolvono facendosi complessi ed evidenziando aromaticità interessanti, come note di zafferano e litchi.
Quindi no, il Moscato non è un vino per donne (inteso come persone che conoscono poco il vino e possono apprezzare solo prodotti poco alcolici e dolci).
Come abbinare Il Canelli Moscato
La tradizione piemontese vuole che il Moscato venga abbinato alla pasticceria secca e ai dessert in generale, ma io che amo le preparazioni salate lo apprezzo di più con un buon salame, del formaggio erborinato, una Robiola di Roccaverano e, naturalmente, con il foie gras.
Durante la cena a Villa Fontana di Agliano Terme i produttori che ho preferito sono La Morandina (Canelli 2023), per la piacevole acidità, e la Tenuta Il Falchetto (Canelli Ciombo 2017) per la complessità degli aromi e l'evoluzione del bicchiere.
Per scoprire i produttori dell'Associazione Canelli Moscato puoi partecipare a un delle cene dedicate (qui il programma) o andare a trovarli in azienda (qui l'elenco e i contatti).
Giardino dei Tarocchi: a Capalbio il sogno di Niki De Saint Phalle
Il Giardino dei Tarocchi è un parco artistico, ideato dall'artista franco-statunitense Niki De Saint Phalle, popolato da statue ispirate alle figure degli Arcani maggiori.
Siamo nel comune di Capalbio, le cicale friniscono allegre e il sole infuoca l'aria, ma una breve passeggiata conduce in uno straordinario giardino, dove i colori e l'atmosfera esoterica distraggono dalla calura. Niki De Saint Phalle iniziò a sognare il Giardino dei Tarocchi a inizio anni Cinquanta quando, in Spagna, vide per la prima volta le opere di Gaudì, ma dovette attendere a lungo prima di realizzare il suo progetto.
Negli anni Settanta, a causa di un ascesso ai polmoni provocato dai materiali con cui lavorava abitualmente, Niki fu costretta a trascorrere un lungo periodo di convalescenza a Saint Moritz dove ebbe la fortuna di incontrare Marella Agnelli, moglie dell'avvocato Gianni Agnelli e grande collezionista d'arte la quale, appassionatasi all'idea di Niki, le offrì l'utilizzo di un terreno di famiglia in Toscana.
Da quel momento l'artista dedicò tutte le proprie energie alla realizzazione del Parco riuscendo a realizzare - con l'aiuto del marito Jean Tinguely e dei collaboratori - 22 opere realizzate con diversi tipi di materiali: il marito introdusse anche macchine bizzarre. Gli Arcani maggiori, infatti, sono stati creati con l'utilizzo di acciaio, vetro, ceramica e specchi: un tripudio di colore e creatività. Le sculture più piccole del giardino, ad esempio, sono state realizzate a Parigi, in poliestere, per essere poi ricoperte da tessere di mosaico fatte con vetri provenienti da varie parti del mondo.
All'ingresso si viene accolti dalla Ruota della Fortuna, simbolo della vita che nei Tarocchi viene interpretata così:
"Come il cerchio, la ruota veicola il concetto di infinito. Non avendo né inizio né fine simboleggia l'universalità dei cicli: l'estate segue sempre alla primavera e l'inverno all'autunno."
La casa di Niki nel Giardino dei Tarocchi
L'Imperatrice, che con i capelli blu e la corona rossa domina l'intero Giardino dei Tarocchi, è stata la casa di Niki De Saint Phalle: l'interno è interamento rivestito di frammenti di specchi, la camera da letto è dentro a uno dei due seni, mentre la cucina occupa l'altro; il bagno, situato al livello inferiore, presenta un drago blu e rosso al posto della vasca da bagno.
"I lunghi capelli dell'Imperatrice simboleggiano la sua grande intelligenza, ma anche la purezza delle sue intenzioni e la chiarezze delle idee. Il suo potere non risiede nella facoltà di imporre il proprio volere, ma nella grande capacità di comunicare, analizzare e consigliare."
Se ti piacciono i parchi artistici, in Toscana puoi visitare anche il Giardino di Daniel Spoerri, padre della Eat Art.
Giardino dei Tarocchi: Biglietti
Briccodolce: i biscotti piemontesi che volano lontano
Le idee felici, spesso, nascono in famiglia. È stato così per il biscottificio artigianale piemontese Briccodolce, ideato e tutt'oggi guidato dalle sorelle Ivana e Vittorina, da mamma Rosina e Giulia, che rappresenta la più recente generazione.
Un lavoro fatto di tradizioni tramandate di mano in mano, nato tra le colline intorno a Castagneto Po dove, in fondo a una strada sterrata, Ivana e Vittorina trascorrevano del tempo prendendosi cura della nonna. Il sogno di inventare un'attività che permettesse loro di vivere in campagna si è avverato vent'anni fa, anche per merito delle ricette della mamma Rosina, che ancora oggi - a 85 anni - vigila sulle preparazioni.
Briccodolce, una storia di cuore
Nonostante il padre di Ivana e Vittoria non abbia permesso di creare l'azienda nella casa di famiglia, le sorelle non si sono date per vinte e nel 2004 a Borgaretto, vicino a casa di Rosina, hanno aperto il loro laboratorio. Nonostante entrambe arrivassero da esperienze lavorative completamente diverse, hanno studiato e imparato l'arte della pasticceria con la volontà di creare qualcosa di diverso: sarebbero stati biscotti golosi, belli e profumati, in grado di regalare momenti felici.
I biscotti Briccodolce in monoporzione si sono conquistati un posto in prima classe sulle più importanti linee aeree e ferroviarie, raggiungendo mete che, quel giorno nella casa di famiglia, mai avrebbero immaginato. Ma qual è il biscotto preferito di mamma Rosina, cuore di Briccodolce? "Sicuramente il Briccolino, con gocce cioccolato fondente e granella di nocciola" dice Vittorina "Ma ha approvato anche il Parlapà".
Parlapà, 20 anni di successi
Per festeggiare questo importante traguardo Briccodolce ha creato un biscotto nuovo, più goloso del solito. Parlapà - termine che in piemontese significa letteralmente “non parlare” ma sta a indicare qualcosa di straordinario - è a metà tra il biscotto e il gianduiotto. Cacao, nocciole, pochissima farina e l'iconica forma a barchetta rovesciata: questa la semplice ricetta per un dolcetto in grado di rallegrare ogni momento della giornata. Friabile ma pastoso al tempo stesso, gusto intenso e persistente. Il packaging sottolinea una volta di più il legame con Torino: sull'elegante confezione, infatti, spiccano i portici di Via Po.
Un consiglio: gusta il biscotto Parlapà sorseggiando una coppa di Vermouth o intingendolo in un po' di zabaione. Più torinese di così.
Trovi tutta la gamma di prodotti nel negozio in Corso Alcide De Gasperi, 20 Torino | briccodolce.it
DOV Home Torino: a tavola con l'alchimista
La mia prima volta in un home restaurant fu a Parigi. La casa apparteneva a una signora che aveva vissuto a lungo in Indonesia e ricordo di aver trascorso molto tempo ad ammirare tutti gli arredi che si era fatta spedire da quella terra affascinante. Del cibo non ricordo quasi nulla, ma la serata conviviale fu davvero piacevole. L'occasione per entrare a casa di sconosciuti è ricapitato a Torino con Indovina chi viene a cena ma DOV Home è un'altra cosa.
Ideatori e cuori pulsanti di questo progetto sono Gabriel Berisha e Chiara Landucci, chef e sommelier. Gabriel, di origini albanesi e naturalizzato italiano, viaggia il mondo da dieci anni alla ricerca di sapori e tecniche per creare le pozioni che sono già diventate un suo segno distintivo.
La sua cucina innovativa, infatti, passa attraverso conservazioni sotto grasso, aceto, sale e zucchero che sono in grado di conferire a ogni piatto una spinta in più: è quel qualcosa che certamente rimarrà impresso nella memoria gustativa degli ospiti. Un esempio? Il gin tonic con estratto di rose (del giardino valsusino della madre di Gabriel) - molto aromatico e per niente dolce - lo ricorderò a lungo.
Cenare in questo appartamento in zona Aurora significa affidarsi alla creatività dello chef e alle narrazioni di Chiara, che spaziano dal loro primo incontro alla raccolta delle erbe spontanee, passando per i tarocchi senza trascurare le storie degli ospiti, solo quattro, riuniti intorno al bancone vista cucina.
Ci si diverte a scoprire gli ingredienti di ogni piatto, che cambiano costantemente in base alla reperibilità e all'estro dei padroni di casa, e si viaggia: c'è il Perù nella Spring Salad di pesce marinato, l'Albania nel fergesë con feta e friggitelli, ma anche le interiora di tradizione italiana.
Non si sceglie DOV Home (Denominazione di Origine Valsusina) solo per un pasto: è un gioco da condividere ascoltando musica e sorridendo per le simpatiche mosse della bassottina Nina.
Come prenotare?
Scrivi un DM sul loro account Instagram e ti verranno comunicate le coordinate, indirizzo compreso. L'esperienza (sia a cena che a pranzo) costa 75€ bevande comprese.
M/A Cucina e Padellino Torino: ingredienti top e fantasia a tavola
M/A Cucina e Padellino è per Torino una bella occasione per gustare una pizza diversa, che unisce qualità degli ingredienti ma senza esagerare con la creatività.
Principe di una ricetta sempre in evoluzione è un lievito madre di oltre vent'anni partito dalla fermentazione del miele, in grado di conferire una leggerezza e un'aromaticità unici. Qui non si trova la pizza in formato classico, ma una versione tutta nuova che ricorda in dimensioni la padellino con una consistenza mai trovata altrove. Aldo Menduni è la mano che cura il lievito e crea le pizze da farine Petra selezionatissime, con mais e semi di girasole che danno una piacevole croccantezza all'impasto. Tre lievitazioni nell'arco di 36 ore fanno il resto. Ottima la Mediterranea con pomodoro Pachino giallo, friggitelli, salame dolce e provola; golosa la versione con le acciughe del Cantabrico aggiunte direttamente a tavola.
Menti di M/A Cucina e Padellino sono Antonio Capolongo e la moglie Miriam Morrone, che propongono un menù - perché c'è di più oltre alla pizza - di tradizione piemontese che però incontra le origini meridionali dei proprietari. Antonio, qui a Torino, lo abbiamo già trovato da Birilli, al Del Cambio e per molti anni come gestore e cuoco al Circolo Canottieri Eridano, lasciato due anni fa per dedicarsi a questa avventura.
Il locale è grande, occupa due piani, ma è piacevole lo spazio che viene lasciato tra i tavoli concedendo ai clienti la giusta tranquillità per gustare i piatti. Il servizio è attento ma non troppo formale, come piace a me. Si viene qui per godersi una serata - ma anche un pranzo - all'insegna del piacere per la tavola e le ottime materie prime che Antonio seleziona personalmente.
M/A cucina e padellino | Via Corte d’Appello, 2 – Torino | t. +39 011 282964 | macucinaepadellino.com
Qatar: Doha vale più di uno stopover
Un Paese giovane, il Qatar, conosciuto più che altro per lo scalo internazionale di Doha da dove tutti gli appassionati di sud-est asiatico bene o male transitano. Ma c’è molto di più al di là di quella distesa di sabbia che si vede dal finestrino dell’aereo; c’è tanto da vivere oltre ai grattacieli che svettano luminosi.
Ciò che maggiormente colpisce è la soddisfazione degli expat che lo hanno scelto. L’80% del popolo, infatti, arriva da altri Paesi e, nonostante non verrà mai concessa loro la cittadinanza, affermano con sicurezza che è un bel posto per vivere. Un luogo sicuro, dove le opportunità non mancano, come conferma Federica Visani, giovane designer che si è aggiudicata un posto nella Fire Station, una fucina per creativi residenti in Qatar: basta avere un’idea che piaccia e i soldi per realizzarla non mancheranno.
Autonomia e sostenibilità
Non manca certo il denaro per uno sviluppo eco-sostenibile, tema molto sentito nell’emirato di Tamin Al Thani. Lusail City, ad esempio, è una città costruita da zero a poca distanza da Doha per circa 250mila abitanti ed è stata progettata per essere interamente eco-sostenibile. Altro esempio è il Msheireb, il primo progetto al mondo di ristrutturazione in chiave green: nuove architetture ispirate a quelle tradizionali locali per far rivivere il vecchio distretto commerciale, in pieno rispetto delle regole di bioedilizia.
Non manca nemmeno un piano per tutelare la bellezza del deserto bianco, in cui si insinua l’Inland Sea, per evitare incontrollate scorribande delle jeep, con conseguente inquinamento.
Arte e cultura
Tra i progetti dell’illuminata sceicca Mozah c’è quello di far diventare il Qatar il più importante polo culturale del Medio Oriente. Tra i più interessanti luoghi votati all’arte c’è il MIA (Museum of Islamic Art) di Doha. Da fuori assomiglia a una donna che osserva celata da un velo, dentro è un trionfo di bellezza: un vero viaggio attraverso la storia islamica, a partire dal più antico astrolabio per continuare tra tessuti, ceramiche e gioielli dall’eleganza contemporanea.
Il 28 marzo 2019 sempre a Doha ha aperto i battenti anche il museo nazionale progettato da Jean Nouvel ispirato alla rosa del deserto, ricreata con una serie di dischi di differenti dimensioni.
Per concludere l’esperienza artistica in Qatar, non può mancare la land art di Richard Serra. Con East-West/West-East, quattro lastre metalliche installate nella riserva naturale del Brouq, l’artista vuole invitare l’osservatore a coglierne i mutamenti e a seguire il flusso dei passi tra Oriente e Occidente. Non accontentatevi di pochi minuti per ammirarla, se volete coglierne la potente essenza.
Per le vie del souq
Nulla di artigianale a parte qualche bel tappeto, ma il profumo di oud, legno di agar bruciato negli incensieri, può essere una buona guida. Nonostante la maggior parte delle merci in vendita provenga dall’Oman, dalla Cina e dalla Turchia, è interessante vedere la vita che scorre tra i vicoli di Al Waqif alla luce della sera tra locali dove si gioca a dama e uomini che attendono davanti all’ospedale dei falchi il proprio turno. Da ricordare che il souq non apre prima delle 17.
Abbigliamento
Iil Qatar è un Paese arabo, dove le regole d’abbigliamento sono dettate più dalle tradizioni familiari che dalla religione. Così è meglio sapere prima di partire che non sono ammesse gambe e spalle scoperte, che in moschea le donne devono coprire i capelli e che il costume da bagno è consentito solo sulle spiagge degli hotel. Ma niente panico, è più semplice di quel che sembra.
Da Aria Gelateria Torino ottimi gelati, ma anche lievitati da ricordare
Aria Gelateria, punto di riferimento per i golosi a Torino, ha festeggiato i due anni di attività rifacendosi il look e proponendo nuove sperimentazioni.
L'inesauribile entusiasmo di Davide Ferrero e Roberto Speranza contagia la primo cono. Difficile scegliere ogni volta i gusti tra quelli scritti sui pannelli di lamiera, che si dividono in Classiconi, Vegani e Speri-mentali. Dietro ogni proposta ci sono creatività, estro e molto lavoro ma il loro scopo fin dal primo giorno è - riuscendoci - quello di far divertire. Ma il successo di Aria Gelateria si deve anche alle tante collaborazioni che Davide e Roberto non si stancano mai di ricercare; quelle che, secondo me, hanno portato a interessanti risultati sono:
- Acido Lab: Laboratorio di fermentati, da un’idea di Seta sala da tè con cucina e Pane Urbano (Forno Agricolo tra le colline del Monferrato); il progetto prevede gelati preparati con i Kombucha oltre a una serie di prodotti fermentati, ortaggi e frutti.
- Santa Romero: Una piccola realtà torinese che importa e tosta caffè colombiani solo di piccoli lotti e da produttori selezionati conosciuti personalmente.
- Lim Chocolate: Micro laboratorio di cioccolato del cuneese che lavora le fave di cacao con i mulini a pietra; Aria Gelateria utilizza i suoi favolosi cioccolati anche per la linea dei lievitati.
Dopo aver prodotto, infatti, ottimi panettoni e colombe in questa gelateria si possono trovare delle nuove golosità: i lievitati in vasocottura. Tra i tanti gusti, il cioccolato 100%, il caffè leccese e cardamomo e pistacchio + acqua marina.
Infine, il nuovo look caratterizza al meglio questa coppia di amici che fanno della leggerezza il loro cavallo di battaglia. L'aria - come amano ricordare Davide e Roberto - è l'ingrediente principale del gelato e adesso, con il rinnovato è più morbido logo, ispira allegria e voglia di giocare con il gusto.
Info
Via Santa Giulia 32/F Torino | t 011 19039749
Orari: lunedì 12 - 22:30 | martedì/giovedì 12-22:30 | venerdì/sabato 12-23 | domenica 11- 22:30
Cataplana 1915: a Torino, un nuovo modo di stare insieme a tavola
Cataplana 1915 è il nuovo home restaurant di Torino, dove il cibo diventa un pretesto per condividere racconti e scoprire, ad esempio, che il pesce conservato è buonissimo.
Una deliziosa mansarda vista Mole Antonelliana è palcoscenico per quella straordinaria fonte di cultura gastronomica che è Chiara Caprettini, ideatrice di questo progetto. Cenare alla sua tavola significa farsi prendere per mano e partire lungo un itinerario del gusto, che è soprattutto viaggio sentimentale. Si può iniziare sorseggiando un Porto proveniente da un mercato coperto nei pressi di Lisbona per continuare con i sapori dell'Oceano in una zuppa. La Cataplana, infatti, è una zuppa di pesce che prende il nome dalla pentola in cui viene cotta. Ma può capitare anche di fare un salto in Danimarca per uno Smørrebrød (una sorta di goloso panino aperto).
Questo home restaurant torinese, infatti, non parlerà solo portoghese. Chiara è una viaggiatrice e le piace andare alla scoperta di prodotti di eccellenza da offrire ai suoi ospiti: le cene e gli eventi daranno voce a terre da lei particolarmente amate. Per lei sarà un modo di rivivere le emozioni che il suo cuore grande assorbe a ogni viaggio, per i commensali sarà l'occasione per condividere le proprie storie.
Cataplana 1915: una cucina gentile
Cataplana 1915 non è un ristorante. È uno spazio di gentilezza che accoglierà, ogni volta, un limitato numero di ospiti. Cene a tema, piccoli eventi dedicati, presentazioni di libri o aziende... una casa che diventa un luogo dove incontrarsi e parlarsi.
Alcuni dei prossimi appuntamenti:
- Serata Cataplana 30 maggio dalle 19.30
- Serata nordica
- Serata panini di viaggio
- Serata Baccalà: dal Nord Europa alla Sicilia
- Serata tedesca
Info
Chiara Caprettini | chiaracaprettini@nordfoodovestest.com | t +39.3405703439
Scat_To Torino: dove il cibo incontra la fotografia
Tra le cose che più amo ci sono il buon cibo e la fotografia. Entrambi sono espressioni artistiche in grado di arrivare dritto al cuore di chi osserva e assaggia. Niente come un sapore riporta a precisi attimi già vissuti e niente come uno scatto fotografico può conservare per sempre momenti storici, ma anche sguardi e gesti.
A Torino c'è un luogo dove cibo e fotografia convivono, creando un'occasione sempre nuova per dedicarsi alla bellezza. Si tratta del ristorante Scat_To, situato in Piazza San Carlo all'interno della struttura che ospita anche il Museo di Fotografia Gallerie d'Italia. Coerente con l'ambiente di cui fa parte, Scat_To - per le luci - sembra uno studio fotografico, ma anche un palcoscenico dove a ogni pasto gli attori in cucina - guidati da Christian e Manuel Costardi - danno vita a uno spettatolo sempre nuovo.
Scat_To e l'invito al viaggio
Nonostante tutto parta dalle radici piemontesi, che mai verrebbero tradite, i nuovi menù parlano anche di mondo per raccontare ingredienti e consistenze insolite, perché qui nulla è davvero come sembra. L'ostrica lardo e caviale, ad esempio, è sorprendentemente delicata; l'insalata di mare, che visivamente destabilizza un po', è un concentrato di mare di Sicilia.
Divertente il Mole di Mole: il simbolo di Torino ricreato con la salsa tipica messicana, preparata con molti tipi di peperoncini e spezie. Il risotto - piatto per cui i Costardi Bros sono famosi - è ora proposto in versione vegetale, da gustare seguendo un percorso aromatico dettato da erbe fresche. E un dessert - Pompelmo, basilico e mandorla - che potrebbe essere anche un antipasto.
Insomma, da Sca_To si viene per giocare e viaggiare. Si sceglie per assecondare quel desiderio di sentirsi altrove almeno per qualche ora.
Info
I menu degustazione sono Disegno al costo di 110 euro a persona, Ritratto a 140 euro a persona e Paesaggio come formula à la carte dalla quale scegliere due piatti a 85 euro oppure tre piatti a 110 euro. Solo allo Chef’s Table si potrà scegliere il menu Scatto Libero completamente a discrezione e scelta dello Chef al costo di 200 euro a persona. Prenotazioni
Cristina Mittermeier alle Galleria d'Italia Torino
Da non perdere la mostra della fotografa Cristina Mittermeier. Ne ho parlato anche nella Puntata 28 della newsletter: con “La grande saggezza” incoraggia una comprensione più profonda di come le nostre scelte quotidiane abbiano un impatto sul pianeta e sul clima, indagando il concetto di "abbastanza". Visitabile fino al 1° settembre 2024.
Arte in Calabria: MUSABA, un sogno a colori
Crocevia di commerci tra Oriente e Occidente, la Calabria è da sempre custode di tesori, che molte culture hanno lasciato in eredità nel corso dei secoli. Visitare i musei disseminati per il territorio significa attraversare un varco spazio-temporale sempre aperto sulle porte del passato, ma che guarda sempre al futuro. Questo itinerario porta alle pendici dell'Aspromonte, alla scoperta del MUSABA, splendido e insolito museo di arte contemporanea.
La fitta vegetazione di questa zona filtra la luce anche nelle ore più calde e offre riparo dalla canicola estiva. In particolare, Mammola - paesino situato a soli dieci chilometri dal Mar Ionio - occupa una posizione che riflette le due anime della Calabria, fatte di mare limpido e montagne impervie.
Nonostante la sua triste fama, la Locride rappresenta una delle maggiori aree di attrazione turistica e culturale dell’intera Calabria, disseminata com'è di antiche vestigia della Magna Grecia. E se la Costa dei Gelsomini è la meta da scegliere se si amano le spiagge e il mare, l’entroterra aspromontano offre possibilità di scoperta sempre nuove. Alla fine degli anni Sessanta l'artista Nik Spatari tornò qui, per fondere le proprie radici a nuove ispirazioni artistiche e creare un Parco Museo che da solo merita il viaggio.
MUSABA: dove la tradizione incontra l'arte contemporanea
Incastrato tra la montagna e l'Autostrada del Sole, il MUSABA è un tesoro che va conquistato. Al parcheggio si lascia il mezzo e si prosegue a piedi fino alla cima della collina, dove sorge la maggior parte del museo. Non affrettatevi, però, e concedetevi il tempo di salire lentamente, osservando l'arte che al MUSABA è un po' ovunque, a partire dai piloni dei cavalcavia.
Questo parco-laboratorio sorge intorno ai resti di un antico complesso monastico del X secolo che Nick Spatari e la moglie Hiske Maas scelsero per creare un luogo di sperimentazione artistica e condividere nuove frontiere di materia e colore.
L'acronimo MUSABA sta per Museo di Santa Barbara, nome del promontorio su cui sorge. È un luogo dalla storia antica: pare infatti che già nel IV secolo vi fosse un complesso monastico certosino poi passato agli abati cistercensi tra 1193 e il 1514.
Il recupero dell'area ha richiesto cinquant'anni e se all'inizio qui non c'era nemmeno la corrente elettrica, oggi il complesso include un parco di sette ettari, una foresteria, la chiesa di Santa Barbara - punto focale dell'insieme - e la ex stazione ferroviaria di Santa Barbara, che attualmente è un laboratorio di sperimentazioni artistiche.
Colori, statue e complicatissimi mosaici fanno di questo posto un angolo di ricerca interiore. Qui si possono passare ore alla ricerca dei dettagli: un volto che emerge da una pietra, una piccola maiolica mimetizzata in un'opera gigantesca, geroglifici avvolti dalla vegetazione. Creare il parco-museo è stato un modo di rivalutare le origini di Nik, riconoscendone il grande valore storico e artistico. Il MUSABA, inoltre, racconta la storia d'amore dei due artisti che, insieme, mattone dopo mattone sono riusciti a realizzare un sogno. Qui tutto parla di loro e anche se oggi Nik non c'è più (è morto nel 2020) il progetto continua a illuminare questa splendida terra.
Il sogno di Giacobbe
Quel che rimaneva della chiesa di Santa Barbara è stato restaurato per ospitare l'imponente opera Il sogno di Giacobbe. Un immenso lavoro realizzato tra il 1990 e il 1994, che racchiude la poetica dell’artista. Per questa particolare realizzazione Spatari si è lasciato guidare dalla narrazione biblica e lo stupefacente effetto tridimensionale è dovuto a una particolare tecnica ideata da Nik: le figure sono ritagliate su sottili pannelli di legno per poi essere dipinti e applicati come figure sospese in aria. Un incanto lungo 14 metri dai vivaci colori.
La foresteria e il mosaico monumentale
Altro punto focale del MUSABA è la foresteria, pensata per assolvere compiti funzionali alle attività artistiche e formative del parco museo. È dotata di ventidue posti letto ed è ispirata alle regole della vita monastica: ogni cella è stata decorata in base ai canoni della pittura dell’artista. Ma il vero capolavoro è visibile nel chiostro della foresteria, dove si trova il mosaico monumentale, opera in cui si fondono colori, geometria e architettura: si compone di due facciate, poste l’una di fronte all’altra, e riporta diverse scene appartenenti alla tradizione cristiana e alla civiltà sumera.
Al centro del chiostro svetta Ombra della sera, una scultura in ferro di quindici metri di altezza che raffigura un uomo, sottile e imponente al tempo stesso, che sembra ergersi a custode dell'arte e del parco intero.
Il MUSABA è un allenamento per gli occhi, la mente e il cuore. Qui si diventa più sensibili e ricettivi grazie alla storia d'amore tra Nik, l'arte e la Calabria.
La Rosa dei Venti
Nik Spatari con la nuova opera, ultimata nel 2012, si è ispirato alla Rosa dei Venti, una metafora della nautica mediterranea fin dai tempi più antichi.
Spatari concentra i suoi progetti sull’evoluzione della storia mediterranea nella più significativa espressione visivo- scientifica: le arti, l’architettura, l’ambiente e le scienze dell’uomo in tutti gli aspetti antropologici formali, sociali, materiali eclettici.
La nuova costruzione annessa al museo, realizzata con forme geometriche ispirate ai triangoli egizi e agli esagoni dell’oriente antico, è stata costruita con materiali recuperati nel sito: pietre antiche recuperate dalle rovine dell’ex complesso e dai sottostanti torrenti Torbido e Neblà; travi e legname dei vicini boschi; rivestimenti interno/esterno con ceramiche colorate sponsorizzate dalla ditta tedesca Buchtal Deutsche Steinzeug.
Un curiosità piccante
Il peperoncino, per cui la Calabria è nota in tutto il mondo, non nasce in realtà in questa regione ma millenni fa nelle terre dell’odierna America Latina dove gli Indios lo coltivavano per il sapore e per le proprietà, che avevano già iniziato a riconoscere. Durante il periodo coloniale gli Spagnoli lo portarono in Europa e in Africa, dove veniva usato sia per cucinare che per conservare i cibi, soprattutto nelle zone più povere dove maggiore era il bisogno di preservare quel poco che la natura poteva offrire. La zona di Reggio Calabria, grazie al clima caldo, simile a quello del Messico e Cile Tropicale, è il territorio italiano che maggiormente ha contribuito alla coltivazione di questo prodotto. Oggi, il peperoncino calabrese è tra i principali prodotti tipici come base per specialità gastronomiche e piatti tradizionali, ma il peperoncino di Calabria non è solo piccante e saporito.
Studi storici e moderni gli attribuiscono molte proprietà benefiche: la capsaicina - il principio attivo che dona al peperoncino il gusto piccante sulla lingua e sul palato - riduce lo stress dando all’organismo nuova energia. Inoltre è ricco di vitamina C. Forse non sai che la piccantezza dei peperoncini è misurata empiricamente tramite la scala di Scoville, in gradi da 0 a 10, e quantitativamente in unità di Scoville, basate in p.p.m peso/peso di capsaicina e diidrocapsaicina. Il peperone dolce ha ad esempio zero unità Scoville, i Jalapeños sono a circa 3,000–6,000 Scoville, mentre gli Habanero arrivano a 300,000 unità Scoville. Il peperoncino calabrese ne ha circa 15.000.
Trovi info per una visita al MUSABA sul sito ufficiale